mercoledì 27 aprile 2011

Quanto dovremo lavorare nel Mondo? (27 aprile 2011)

Un recente studio realizzato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha evidenziato che mediamente, nei paesi che compongono l’Ocse, il lavoro remunerato (studio incluso) viene svolto per 277 minuti al giorno, mentre il lavoro non pagato (generalmente le faccende domestiche, preparare i pranzi, fare la spesa e la cura dei parenti) ci impegna 207 minuti al giorno. Mediamente siamo attivi 484 minuti al giorno ciò che rappresenta il 33.61% del tempo quotidiano a disposizione. Siamo quindi impegnati mediamente un terzo della giornata.



Concentrandoci unicamente sul lavoro remunerato, osserviamo che è in Danimarca e nel Belgio che si lavora di meno rispettivamente 225 e 227 minuti al giorno. Per la cronaca, in Italia si lavora “soltanto” 259 minuti al giorno rispetto alla media dell’Ocse di 277 ore. I paesi dove l’attività lavorativa remunerata è massima sono costituiti dal Giappone e dalla Corea del Sud rispettivamente con 376 e 348 minuti al giorno. Impressionante notare che ci sono ben oltre 2 ore di differenza tra la giornata lavorativa di un danese o di un belga rispetto a quella di un giapponese o di un coreano.

Tenendo conto della crisi in essere, dell’elevato livello del debito pubblico di quasi tutti gli Stati e del relativo rapporto tra indebitamento e Pil, della più totale incapacità di gran parte della classe politica internazionale a mantenere un elevato profilo etico con conseguenze disastrose per i relativi paesi (quindi i cittadini), dell’età pensionabile che sarà costantemente elevata, e cosi via…, da “bravo analista” penso che, purtroppo, ci sarà chiesto negli anni e decenni a venire, di lavorare sempre maggiormente in quanto rimangono mediamente ancora i due terzi della giornata da “sfruttare” e che lo spread di oltre due ore tra i primi e gli ultimi della classifica si ridurrà considerevolmente. Non si lasceranno scappare una tale opportunità. Ne riparleremo fra qualche anno.

Giovanni Maiani

mercoledì 20 aprile 2011

Troppi frutti non si mantengono. (20 aprile 2011)

Premessa: Il seguente articolo mi è venuto in mente una mattinata mentre mi recavo al lavoro.

L’olio di gomito è generalmente un concentrato di onestà, volontà e lavoro che lo rende una delle cose più rara al mondo anche se teoricamente molto comune.

Da “bravo analista” so per certo che :

L’olio di gomito non si misura in barile come per quanto riguarda il crude oil o in oncia come per l’oro, ma bensì in Voglia (nuova unità di misura). In effetti, l’olio di gomito si ha quando si ha tanta voglia, e viceversa.
L’olio di gomito non è quotato in dollaro, in euro, in sterline o in yen su qualche mercato finanziario internazionale, ma il suo valore è il risultato della sommatoria dei sub prodotti che lo compongono.
L’olio di gomito non ha scadenze come i contratti future in quanto c’è potenzialmente sempre.
L’olio di gomito fa bene, più o meno come l’omega 3, ma non proviene dai pesci.
L’olio di gomito è molto comune a tutti gli esseri umani, ma deve essere attivato per essere utilizzabile.

Osserviamo insieme i suoi componenti principali.

L’onestà:
è una virtù a priori banale e scontata, ma non lo è affatto. In effetti, l’onestà è la propensione dell’essere umano a mantenere intatta la propria integrità morale che, quasi sempre, lo porta a seguire la strada più lunga, difficile e tortuosa, ma ben più meritevole. Quindi tale percorso è idoneo soltanto a pochi visto che è molto più arduo e che spesso non genera nessuna gratificazione pecuniaria. Oggi come oggi, la società consumistica ha esaltato fino al verosimile l’importanza del denaro a scapito dei principi morali e ci sono troppi falsi profeti in liberta. In molti pretendono di dare l’esempio, ma nel profondo del loro cuore sono devoti a quelli dei piani inferiori… Inoltre, il denaro serve, ed è ovvio, ma il costo del denaro tende già ad aumentare per conto proprio (vedi l’inizio della nuova fase di aumento dei tassi della Bce) senza che ci sia bisogno di uccidere i principi che ci rendono umani. Come ho già scritto nel mio precedente intervento, non siamo nella giungla.

La volontà:
va di pari passo con la perseveranza ed è quella cosa che fa la differenza tra un vincitore ed un perdente. In effetti, necessità di un grande sforzo psicologico, e a volte fisico, in quanto allontana l’essere umano da uno stato di benessere illusorio, di quasi semi-ipnotismo e di pigrizia fisica e lo porta a mettersi in moto per uscire da quel modo di essere del tutto passivo nell’intento di migliorare la propria situazione e le cose in generale. Anche in questo caso non è una strada percorribile da tutti in quanto, per esempio nello sport, richiede un allenamento quasi quotidiano e porta via tempo al guardare le trasmissioni trash alla tv, al giocare, al andare in giro con gli amici o in ferie, ma la ricompensa è grande quando sono raggiunti gli obiettivi prefissati dopo aver realizzato qualche sacrificio. Diversamente, la vittoria o l’avere materiale non ha nessun valore. Un po’ come rubare. L’appagamento personale aiuta a vivere meglio e migliora la società, e non parlo solo di sport, ovviamente. Ma, come per l’onestà, sono pochi quelli volonterosi che hanno voglia di darsi da fare al posto di continuare a vivere passivamente. Il politico di basso livello (per poter fare il suo comodo) vuole il popolo in uno stato di dormi-veglia dove le persone non fanno domande e vivono in uno scenario apparentemente idilliaco, dove i propri pensieri sono totalmente focalizzati sul calcio, su un’improbabile vincita a qualche lotteria, sul tentativo di partecipare al grande fratello e di apparire alla Tv, su dove fare le ferie,…. Sveglia. Un po’ come Ulisse nell’isola di Ogigia. Ma quest’isola non è probabilmente mai esistita. Vedi anche il Paese dei Balocchi. La volontà è la virtù dei forti.

Il lavoro:
è un’attività e come tale richiede sacrificio e pertanto deve essere fortemente motivata per essere messa in atto. Tale sacrificio, intellettuale o materiale, porta necessariamente ad un cambiamento e/o alla produzione di qualche cosa. Il lavoro è spesso, e per definizione, duro e non piace pertanto a tutti, ma è quasi sempre indispensabile. Come sempre, sono in molti a cercare delle scorciatoie, ma che quasi sempre non portano da nessuna parte se non sulla strada dell’illegalità ed il beneficio ricavato è prima effimero e poi insufficiente se confrontato con la pena in cui si va incontro. Il gioco non ne vale la candela. Non tutti hanno dunque voglia di lavorare e, anche tra quelli che sono rimasti eroicamente sulla retta via, sono ancora in molti a non volere fare nulla per cercare di cambiare, modificare o produrre qualche cosa che porta obbligatoriamente al miglioramento. In alcuni paesi, l’attaccamento alla Patria è una cosa sentita e condivisa e, in caso di necessità, i primi a scendere in campo sono spesso i giovani a protezione del proprio paese, anche se ciò implica un minimo di lavoro in più. I giovani hanno il “dovere” di cercare di migliorare le cose quando queste non vanno bene, banalmente perché è in gioco il loro futuro, pensione inclusa. Il lavoro onesto da “frutti” sufficienti e costanti, quello disonesto ne genera tantissimi che, tuttavia, non si mantengono.

Quindi, occorre prima di tutto la massima integrità morale, la volontà di uscire da uno Stato di apparente benessere ed impegnarsi di prima persona per attivare l’intero processo.

Osserviamo ora che cosa succede in assenza di olio di gomito:

La mancanza di calcio porta all’indebolimento di denti ed ossa, ma si cura facilmente. La mancanza di olio nei motori volumetrici provoca attrito e quindi la fusione dello stesso, e non si ripara. Invece, la mancanza di olio di gomito porta ad una via di mezzo, una situazione molto grave ma con una cura. Tuttavia, occorre avere realmente voglia di cambiare le cose in quanto, da “bravo analista”, non riesco ancora ad osservare l’avviamento del processo sopra definito a livello esteso. Qualche spunto qua e la, e basta. Anzi, vedo prevalentemente il ripetere delle situazioni che ci hanno portato allo Stato attuale delle cose. Sono ancora troppo pochi quelli che non hanno capito che occorre cambiare drasticamente e definitivamente pagina e che questo sentimento deve essere sincero e partire dal cuore. Diversamente, non c’è futuro.

Tuttavia, l’esito dell’ultimo referendum lascia ben sperare in quanto è nei momenti di difficoltà che si vedono gli amici veri e San Marino ha scoperto di avere molti amici sinceri.

Pertanto:

Studio professionalmente l’andamento dei mercati finanziari dal 1993 (da appassionato dal 1981 circa) e, dopo ogni collasso di mercato, c’è sempre stato un dopo, una ripresa. La fine di un’epoca è sempre l’inizio di un’altra. Anche il calendario Maya indica la fine di un ciclo nel 2012, ma dopo ne seguirà un altro. E’ inevitabile.
Quindi, nel nostro caso, la situazione del Paese è molto grave e sta per peggiorare ulteriormente, ma non dobbiamo abbatterci ed “attivare” l’olio di gomito (fisicamente e soprattutto mentalmente) per tentare di creare il futuro che desideriamo e non accusare passivamente quello che ci verrà imposto… Non potremo farlo su un mercato finanziario, ma in casa propria SI.

La crisi porta sempre al miglioramento, se gestita con sincerità e principi morali. Basta volerlo. Non è complicato. Abbiamo già visto che è difficile gestire un grande raccolto di frutti in quanto non si mantengono a lungo. Dobbiamo soltanto ripartire con sani principi ed effettuare le pulizie di Pasqua. Poi, l’accordo con l’Italia verrà da se.

Auguroni a tutti, anche per la Pasqua cristiana.

Giovanni Maiani