venerdì 21 ottobre 2011

Obbligazioni Sub.

Gentili lettori, voglio scrivere due righe sulle obbligazioni “Sub”.

Non sono quelle che vanno sotto acqua, ma rende già l’idea. Parliamo delle obbligazioni subordinate.

Voglio illustrarvi sinteticamente che cosa è un’obbligazione subordinata a livello generale e, pertanto, non entro nel merito di qualche caso specifico.

Visto che nessuno è profeta nel proprio paese e, tenendo conto del fatto che sono sempre molto obiettivo, ho cercato una definizione su un sito discretamente attendibile e ho scelto quello della Borsa italiana (http://www.borsaitaliana.it).

Nella sezione “Sotto la lente” del 15 settembre riporta che “Con la definizione di obbligazioni subordinate ci si riferisce ai titoli il cui rimborso nel caso di liquidazione o fallimento dell'emittente avviene successivamente a quello dei creditori ordinari, comprese le normali obbligazioni definite senior.”.

Emerge immediatamente che, in caso di inadempienza di pagamento da parte dell’emittente (chi emette l’obbligazione), questo tipo di obbligazione verrà rimborsato per ultimo, e ovviamente se rimangono ancora dei fondi. Mi viene da pensare che se l’emittente avesse dei fondi a sufficienza per rimborsare tutti i crediti non sarebbe probabilmente in difficoltà. Non vi pare? Quindi il rischio di insolvenza totale è decisamente molto elevato e reale. Inoltre, a maggior rischio corrisponde una maggiore redditività e le obbligazioni subordinate pagano più delle altre. Nessuno regala niente. Ricordiamocelo. Un rendimento superiore alla “norma” deve suonare come un ulteriore campanello di allarme e fare scaturire la seguente domanda: perché paga di più? Inoltre, sono spesso delle obbligazioni poco liquide e con una scadenza non sempre definita (a volte l’emittente ha la facoltà dichiarata di prolungare la scadenza). Di conseguenza, questo tipo di obbligazione è decisamente impegnativo e certamente non adatto a tutti.

Vediamo, molto brevemente, i principali tipi di subordinazione.

Obbligazioni Tier I:
In caso di difficoltà dell’emittente, i possessori delle T1 vengono rimborsati dopo tutti gli altri crediti, ma prima delle azioni. Il pagamento delle cedole obbligazionarie può essere cancellato, quindi è possibile non ricevere nessun interesse per un determinato periodo.

Obbligazioni Upper Tier II:
In caso di difficoltà dell’emittente, i possessori delle UT2 possono accusare la sospensione del pagamento delle cedole che verranno, teoricamente, recuperate successivamente.

Obbligazioni Lower Tier II:
I possessori delle LT2 possono accusare la sospensione del pagamento delle cedole solo in caso di grave insolvenza dell’emittente.

Obbligazioni Tier III:
Le T3 sono molto rare e di durata inferiore ai 4 o 5 anni rispetto al minimo di 10 anni per le UT2.

Con le obbligazioni subordinate Tier 1 si corre il rischio di non prendere interessi e, nei casi peggiori, di perdere eventualmente anche l’intero investimento (o parzialmente tramite haircut). Gli altri tipi sono leggermente meno rischiosi. In ogni caso, è sempre difficile valutare un’obbligazione subordinata ed occorre leggere attentamente il relativo prospetto informativo, ma le caratteristiche principali sono quelle come sopra, se non erro.

Quindi sono strumenti decisamente rischiosi e non adatti a tutti. A maggior ragione nel momento attuale dove le agenzie di rating mettono sotto osservazioni il debito di paesi ritenuti fino a poco fa solidi; vedi in ultimo la Francia che potrebbe perdere la AAA; ossia il grado più elevato di solvibilità. Nell’ipotesi che ciò accadesse, anche il debito della Germania potrebbe venire messo sotto esame. In effetti, ho scritto proprio questo mercoledì mattina (nell’articolo intitolato “Alcuni paletti sono ormai obsoleti”) che quest’ultimo paese, ossia la locomotiva tedesca, iniziava “a perdere colpi”. Puntualmente il pomeriggio stesso abbiamo letto “Asta deludente di Bund per la Germania” mentre il giorno dopo “Germania, governo taglia stime di crescita per 2012”. Gli adetti al lavoro concorderanno sul fatto che lo scenario internazionale non è dei migliori senza omettere i prossimi G20 ed Ecofin che contribuiscono ad aumentare ulteriormente la volatilità sui mercati. Una parentesi: a San Marino non ci facciamo mancare nulla in quanto avremo anche il rapporto ufficiale dell’Ocse mercoledì prossimo. Lo scenario internazionale è attualmente molto volatile e potrebbe non essere opportuno intervenire su un’obbligazione subordinata, ma neanche in caso di calma piatta per dirla tutta.

Pertanto, da “bravo analista” non consiglierei ad un amico l’acquisto di un’obbligazione subordinata. E’ un prodotto per soli professionisti.

mercoledì 19 ottobre 2011

Alcuni paletti sono ormai obsoleti.

Il Mondo cambia a grande velocità e dunque, in un modo o nell’altro, si evolve. A peggiorare le cose osserviamo che la velocità del cambiamento aumenta a livello esponenziale con il passar del tempo ed occorre adeguarsi per non accumulare ritardo.  Pertanto, ogni 5, 10, 20 o 50 anni ad esempio è necessario fare il punto della situazione e portare qualche cambiamento al nostro modo di fare e di pensare.

Un esempio: l’età pensionabile che è un vero paletto all’inizio della vita lavorativa di un individuo viene poi allontanata in quanto la vita media si allunga (ed perché i Governi sono in deficit). Tale paletto viene dunque sradicato e ripiantato più in là.



Allo stesso modo:

I parametri di Maastricht sono del tutto superati (ne avevo già parlato il 18 giugno 2010). All’origine, i paesi dovevano avere un rapporto tra il debito pubblico ed il Pil inferiore al 60%, ma ora questo rapporto è spetto largamente superato visto la crisi del debito nella zona euro. Tali parametri sono stati oltrepassati da diversi paesi e nessuno ha fatto nulla. Inutile instaurare una “legge” se poi viene ignorata. Inoltre, hanno quindi aggirato il problema utilizzando il debito aggregato al posto del debito pubblico e da allora non se ne parla più. Facile cosi. Occorre fissare dei limiti ed applicare eventuali sanzioni se non vengono rispettati. I paletti attuali sono inutili.

In una votazione, la maggioranza semplice non è molto significativa  quando il numero dei votanti è molto elevato. In effetti, non sempre viene assicurata la massima espressione della volontà popolare. Ipotizziamo che 60 milioni di elettori si recano alle urne per scegliere tra 2 candidati. Uno dei due potrebbe essere eletto con 30 milioni di voti più uno, ma come può rappresentare il paese se ha contro una persona su due? Lo scorso 14 ottobre la Camera italiana ha votato la fiducia al Premier che necessitava soltanto il raggiungimento del quorum strutturale fissato a 316 volti. Ma che valenza ha una tale votazione? Secondo me, da “bravo analista”, si tratta di un clamoroso fiasco. Lo ha detto Lui stesso; “Basta vincere”… E’ significativo. A mio modesto parere occorre per lo meno il 55%-65% di voti per rappresentare in modo dignitoso un paese o l’esito di una votazione in generale. Lo stesso discorso vale a San Marino. Se si portasse la maggioranza a 35 voti su 60, ad esempio, le decisioni sarebbero maggiormente condivise e potrebbero soddisfare un numero di elettori più elevato. C’è una differenza tra una decisione imposta, a volte con arroganza, ed una condivisa con una parte della maggioranza. Dov’è la maggiore rappresentazione popolare? Lecita invece la maggioranza semplice in un’assemblea di 10 o 20 persone dove un voto di differenza rappresenta il 10% o il 5% del totale e non lo 0.15% come alla Camera dei deputati. I paletti attuali rappresentano solo in parte la massa degli elettori.

Ho già parlato in altre occasioni dell’inflazione (vedi il 10 marzo scorso) e, visto che il relativo calcolo a mio modesto parere non è obiettivo e significativo, bisognerebbe creare un nuovo indice che calcola lo scostamento dei prezzi utilizzando come base il paniere iniziale del 1928. In effetti, oggi viviamo in una società consumistica dove ci fanno credere che gli oggetti di lusso sono di utilizzo corrente e ci spingono a cambiare costantemente tv, macchina, cellulare, pc, vestiti,…, in pratica tutto. Se cambio la mia macchina ogni 6 mese accetto tacitamente di pagare il prezzo dell’inflazione che, a questo punto, non mi interessa neanche più di tanto. Io invece voglio un altro punto di riferimento: ossia conoscere di quanto aumentano le cose di prima necessità che utilizzo ogni giorno o che, in ogni caso, non posso fare a meno. Appunto, il paniere iniziale del 1928, anche se necessità di qualche aggiornamento (per esempio non usiamo più il carbone per il riscaldamento) sintetizza in modo eccellente i bisogni basilari della gente ed un indice centrato su questo dovrebbe costituire un valido indicatore del reale cambiamento dei prezzi. Ma chi lo vuole se non i comuni cittadini? In pratica, i beni di lusso ed il superfluo non dovrebbero rientrare nel paniere dell’inflazione. I paletti attuali sono volutamente pessimi riferimenti.

Il Pil come misurazione della crescita economica di un paese è molto limitativo. Perché non utilizziamo maggiormente e prendiamo in considerazione altri indici come il consumo delle famiglie, l’indice sulla fiducia delle famiglie o delle imprese, la pressione fiscale, l’acquisto di nuove case, il numero di separazioni,…, e cosi via. Tutti indici che mostrano la valutazione dei cittadini nei confronti dei governanti. Se la maggioranza dei cittadini è insoddisfatta si chiama tirannia o per lo meno mancanza di democrazia… E torniamo nel paragrafo superiore relativo alla validità (in certi casi) della maggioranza semplice. Il tirano di un paese può avere schiavizzato l’intera popolazione ed aver un Pil in aumento, ma non va bene cosi. I paletti attuali evitano il feedback dei cittadini.

Ribadisco che la società attuale è puramente consumistica ed il dio denaro ha preso il posto dei principi. In effetti, oggi, un uomo di successo è un uomo ricco e poco importa come ha fatto i soldi. Una volta, invece, un uomo di successo era anche ricco, ma se era solo ricco era probabilmente un ladro, in quanto doveva essere ritenuto dalla comunità anche degno di rispetto per quello che faceva, per il fatto di essere onesto e di sani principi. Mi sono allargato, sto parlando di fantascienza nei giorni attuali. Sorry. Sarebbe opportuno invece innalzare e premiare alcuni modelli di vita “vera” ed insegnare sin dalle scuole elementari certi valori ormai in parte spariti. I paletti attuali sono sbagliati e hanno provocato la crisi.

Il Benchmark nei mercati obbligazionari europei è rappresentato dal Dbr; ossia il decennale tedesco. Con la crisi del debito pubblico, i Cds (Credit Default Swap; ossia misuratore del rischio di default e strumento di copertura) sono generalmente cresciuti a livello internazionale. Alla fine della scorsa settimana, il Cds tedesco quotava 93, rispetto al 45 del cds norvegese ed il 57 del Cds svedese. La locomotiva tedesca inizia a perdere colpi e mostra anche un elevato debito pubblico anche superiore a quello italiano. Attualmente la Germania è sostenuta, anche, dalle esportazioni in Europa, ma se la crisi si annasperà in questa area geografica anche l’export tedesco dovrebbe risentirne, quindi l’economia. Forse fra qualche anno il benchmark di riferimento potrebbe essere il decennale norvegese, quello svedese o anche quello elvetico (anche se c’è l’incognita del tasso di cambio del franco svizzero). Non è insensato pensare una cosa simile. I paletti attuali possono cambiare.

Il mercato obbligazionario (euromercato) non è regolamentato e spesso, in caso di tensioni sui mercati internazionali (ed in questo momento succede spesso), è letteralmente impossibile acquistare o vendere obbligazioni che non siano sovrane, sopranazionali o statali. Se ci va bene i prezzi sono sfavorevoli di 5 o 10 punti; è assurdo, una follia. I brokers spariscono letteralmente. Il mercato grigio (quello iniziale e riservato agli istituzionali) è poco trasparente, ma accettabile ed a volte divertente. Quello secondario è come sopra. Pertanto, non esiste né un prezzo ufficiale, né l’obbligo della quotazione ed il prezzo pubblicato è solo indicativo e non impegnativo. In questo modo il mercato non è efficiente e rende difficile la valutazione di un portafoglio obbligazionario e la normale operatività. Invece, se un broker pubblica un prezzo in acquisto o in vendita tale deve essere impegnativo nei suoi confronti visto che si presenta sul mercato. Non è mica obbligato a farlo. Se in un qualche negozio vedo un oggetto in vetrina che costa x, posso decidere di entrare e di acquistarlo al prezzo x. Il negoziante ha l’obbligo di darmelo al prezzo indicato in quanto si parla di un accordo tacito. Dovrebbe essere lo stesso sull’euromercato obbligazionario. I paletti attuali sono poco trasparenti.

Mi fermo qua, ma l’elenco è infinito.

Le cose cambiano ed occorre adeguarsi. Quello che era vero un tempo non è detto che sia sempre di attualità. I sani principi, l’onesta intellettuale ed il rispetto del proprio ruolo, invece, non tramontano mai…e pertanto vengono spesso ignorati perché molto impegnativi e difficili da seguire. Quello stato delle cose non può durare per sempre.