domenica 27 gennaio 2013

La Francia in difficoltà.

In Europa, l’indice PMI manifatturiero (stima flash) è uscito in miglioramento dal 46.10 di dicembre all’attuale 47.50 superando le attese degli analisti pari a 46.50 punti. Migliora anche lo scenario tedesco dove il Pmi è di 48.80 e quindi in netto miglioramento dal precedente 46. La situazione francese, invece, è sempre deludente ed osserviamo un drastico peggioramento da 44.60 a 42.90 soprattutto se teniamo conto dei recenti recuperi e di una stima ottimistica di 45.10 da parte del mercato. Il problema che sottolinea il settore manifatturiero francese non è da sottovalutare perché, anche, il settore terziario è in difficoltà con 43.60 ed entrambi mettono in evidenza le difficoltà dell’economia transalpina nonché il pericolo di recessione.


A peggiorare il contesto generale sono le stime della Banca Mondiale relative all’economia mondiale per il 2013 riviste al ribasso da +3% a +2.40%. I primissimi dati relativi al Pil del 4° trimestre del 2012 sono già noti e relativi all’economia inglese che è calata dello 0.30% negli ultimi 3 mesi dell’anno, mentre su base annua fa registrare un timido +0.10%. Ricordo brevemente che il Pil francese durante il 3° trimestre del 2012 era già appena sopra allo zero con +0.10%, che la fiducia dei consumatori alla fine del 2012 era pari a -36 (facevano peggio nell’Eu27 soltanto Grecia, Ungheria, Portogallo e Slovacchia), che il tasso di disoccupazione di novembre è del 10.50% (ma che dovrebbe peggiorare ulteriormente), mentre l’inflazione di dicembre all’1.30% su base annua rispetto ad un rendimento del decennale obbligazionario del 2.22%. Inoltre, secondo i dati Eurostat del 3° trimestre 2012 relativi alla Francia, il rapporto tra debito pubblico (1.818.147 mio di euro) e Pil è pari a 89.90% in linea con il 90% dell’eurozona.

Oltre ai Pmi deludenti ed al rischio recessione, il governo francese deve fronteggiare altri problemi. In effetti, la recente tassa sui ricchi è stata bocciata lo scorso mese dal Consiglio costituzionale, ma il Governo di Hollande sta elaborando una nuova normativa per colpire i redditi elevati. Ricordo che la tassa sui grandi patrimoni (L’impôt sur les grandes fortune) è stata introdotta in Francia da Mitterand nel 1981 e, dopo l’abolizione, reintrodotta 7 anni dopo con l’Isf (l’impôt de solidarité sur la fortune). A prescindere della costituzionalità o meno della tassa sui grandi patrimoni, e detto/scritto dallo scrivente che è nato e ha vissuto 22 anni in Francia, il paese transalpino non fa una grande figura quando si viene a sapere che l’ex Presidente Sarkozy sta per lasciar il proprio paese per sfuggire alla tassazione. Che cosa fai, scappi?

Nel post del 19 ottobre 2011 (http://giovannimaiani.blogspot.it/2011/10/alcuni-paletti-sono-ormai-obsoleti.html) avevo scritto che “Il Pil come misurazione della crescita economica di un paese è molto limitativo. Perché non utilizziamo maggiormente e prendiamo in considerazione altri indici come il consumo delle famiglie, l’indice sulla fiducia delle famiglie o delle imprese, la pressione fiscale, l’acquisto di nuove case, il numero di separazioni,…, e cosi via.”.
In tale ottica, la percentuale dei cittadini francesi che hanno fiducia nella Commissione europea ha raggiunto nel 2009 il minimo degli ultimi anni con il 39%. Anche questo indicatore mostra che, secondo i cittadini, le cose non vanno bene in Francia e, in fondo, l’operato di un Governo viene giudicato attraverso i cittadini tramite il voto ed i vari indici di fiducia. Questo 39% è molto importante in quanto molto basso e nell’Eu27 fa peggio solo la Lettonia con il 38% dei cittadini che ha fiducia nella Ce.


In conclusione, mentre l’economia mondiale rallenta e molti paesi sono già in recessione, da “bravo analista”, penso che la Francia possa presto fare parte di questi paesi con dei problemi di crescita (vedi anche l’Olanda e la Finlandia) e non riuscirà molto probabilmente a raggiungere l’obiettivo del rapporto deficit/pil del 3%.

Ps: Il Pmi index (Purchasing Managers Index), ossia l’indice dei direttori agli acquisti, evidenzia la capacità di acquisto delle imprese. L’indice rispecchia l’andamento dell’economia e riesce ad anticiparne l’andamento nel prossimo futuro. Al di sopra di 50 evidenzia un’espansione del settore, nonché una contrazione al di sotto di 50.

Giovanni Maiani

mercoledì 23 gennaio 2013

IBM

Ibm ha pubblicato martedì i risultati relativi all’intero 2012 dove emerge un utile netto di 16.604 miliardi di dollari in aumento del 4.72% rispetto ai dati del 2011. Il rapporto rispetto ai ricavi passa dal 14.8% del 2011 all’attuale 15.9% anche “grazie” al calo del 2.25% dei ricavi rispetto all’anno precedente. Doveroso sottolineare la diminuzione del 4.5% dei costi sui ricavi che ha permesso i miglioramenti dell’utile lordo e del reddito operativo rispettivamente dello 0.32% e dello 0.78%. Il margine lordo aumenta dunque dal 46.89% del 2011 all’attuale 48.13% ed, allo stesso modo, osserviamo una crescita del margine operativo dal quasi 19% all’attuale 19.56%. L’Eps 2012 risulta di 15.25 dollari in crescita del 13.5% circa rispetto ai 13.44 dollari dell’esercizio precedente. Il dividendo aumenta da 2.90 dollari all’attuale 3.30 dollari, in crescita del 13.8%.


Dallo stato patrimoniale osserviamo principalmente un aumento degli asset del 2.39% ad oltre 119 miliardi di dollari (+6.53% degli attivi totali a LT) ed una crescita del 4.19% delle passività (correnti +3.56%, lungo termine +4.68%).

Il book value per share (valore contabile per azione) pari a 16.69$ è in calo del 3.59% rispetto al dato del 2011, il rapporto debito netto per azione aumento del 21.66%, mentre il rapporto tra il debito totale ed gli attivi totali passa dal 26.90% al 27.91%. Cala il current ratio (rapporto di liquidità) da 1.21 a 1.13.


Quindi migliora l’utile netto, calano i costi sui ricavi ed il book value, diminuisce il capitale sociale (totale passivo – passività totali) dal 2005, nonché aumenta l’indebitamento. Anche se l’azienda ha anticipato ottime prospettive per i prossimi anni e diversificato i sui ricavi nei paesi Brics, occorre essere relativamente cauti per il prossimo futuro ed il mercato sembra esserlo. In effetti, il titolo ha concluso la sua prima giornata borsistica post dati in rialzo del 4.41%, ma questa performance è dovuta in gran parte al gap up iniziale in quanto si è limitato a consolidare dopo la prima mezz’ora di contrattazioni.

Domani giovedì usciranno i dati di Microsoft.

Giovanni Maiani

lunedì 14 gennaio 2013

Il settore della moda.


Facciamo una breve fotografia del settore dell’abbigliamento internazionale.


Andamento borsistico.

Dalla metà del mese di agosto 2003, data di partenza dell’indice Bloomberg World Apparel Index (Bwai), osserviamo dal grafico normalizzato che il comparto, espresso in euro, ha sempre fatto meglio dell’indice World Msci (in euro) raggiungendo ai giorni nostri una performance del +124% rispetto al timido +30% dell’indice azionario mondiale. Prendendo in considerazione il minimo di marzo 2009, il comparto è cresciuto del 169% quasi il doppio dell’89% fatto registrato dall’indice generale. Questo potrebbe rappresentare un ottimo punto di partenza.
Disegno di Miseon Kang


Capitalizzazione per paese.
Le 51 società che compongono il Bwai provengono da 15 paesi e principalmente dalla Cina con 15 aziende (il 29.40% del totale), seguito da Hong Kong con 7 unità, quindi dal Giappone con altre 4 unità. Interessante dunque osservare un’elevata concentrazione di società in Asia pari al 51% del totale. Parliamo dunque di numeri importanti, ma la capitalizzazione delle società asiatiche sfiora il 30% del totale del comparto, mentre la Francia, con i soli 2 colossi Christian Dior ed Hermes supera abbondantemente il 37% del settore complessivo.


Qualche dato rispetto alla capitalizzazione.
Rendimento del dividendo.
Dal grafico a bolla emerge immediatamente come il dividendo delle aziende a maggiore capitalizzazione sia solitamente inferiore al 4%. Il rendimento medio è del 2.38%.


Prezzo earnings.
Solitamente, i PE delle società a bassa capitalizzazione rimangono al livello della mediana (18.83) della popolazione osservata, mentre il 3° quartile (24.34) è interessato da aziende a media capitalizzazione.


Roe
La media della redditività del capitale proprio ponderata dalla capitalizzazione di borsa è pari al 21.51% ed osserviamo, ovviamente, che questo target è irraggiungibile per molte società di medie piccole dimensioni.

Stime di PE
Il grafico evidenzia che, quasi sempre, il PE stimato per l’anno successivo sia inferiore a quello attuale e che, in soli 2 casi (l’elvetica Calida e la società Ygm), assistiamo al contrario. La retta rossa è la frontiera che indica che il PE attuale e quello stimato sono identici.


Andamento delle vendite.
Il comparto ha generalmente beneficiato di un aumento delle vendite durante gli ultimi 12 mesi anche se ci sono qualche eccezione, anche in Italia. Interessanti gli aumenti dei ricavati di +62% per Dongguan e del 48.86% per Lanci.


Debito / Totale attivo
Il rapporto medio ponderato tra il debito ed il totale dell’attivo è del 13.43%, ma osserviamo un comparto fortemente indebitato e 10 società con un rapporto tra il 27% ed il 51%. In vetta alla classifica troviamo le americane Hanesbrands e Fifth & Pacific Cos Inc con rapporti rispettivi di 50.51% ed 46.98%.


Alpha & Beta
Il comparto vanta 17 titoli con un Alpha positivo (quindi più forti dell’indice) ed un Beta inferiore a 1 (ossia meno volatili dell’indice) e tra questi emergono anche i 2 titoli francesi oltre che al tedesco Hugo Boss. La capitalizzazione di questi 17 titoli rappresenta il 58.7% di quella settoriale. Mancano tuttavia i dati relativi a 5 aziende asiatiche.

Performance 1-5 anni.
Osserviamo che molti titoli del comparto hanno avuto delle performance positive ad 1 ed a 5 anni ed i soli 4 che hanno perso su entrambe le scadenze sono asiatici. L’inclinazione della retta di regressione ci indica che il settore ha beneficiato di un trend borsistico decisamente rialzista durante gli ultimi 12 mesi e conferma, parzialmente, gli ottimi dati del coefficiente Alpha. Interessanti i rialzi a 1 anno del 147% della società polacca Lpp ed il +123% di Prada (Hong Kong).


Ultimi dati del settore.
In Italia, l’indice dei prezzi al consumo generale Nic (base 2010 = 100) relativo al mese di dicembre 2012 è pari al 3%, mentre l’indice limitatamente al comparto “abbigliamento e calzature” è del 2.60%.

Anche se osservato molto rapidamente e da lontano, il settore dell’abbigliamento appare relativamente interessante sia dal punto di vista fondamentale sia tecnico e le 51 aziende prese in considerazione ci offrono un’ampia scelta.


Di seguito qualche grafico per poter confrontare i titoli francesi Christian Dior ed Hermes.



Giovanni Maiani

domenica 6 gennaio 2013

La popolazione.

A mio modesto parere si parla troppo poco della popolazione ed un paese è giudicato principalmente, ed in primis, attraverso l’osservazione dell’andamento del Pil, dell’inflazione, del tasso di disoccupazione quindi dei tassi, e cosi via.

Tutto giusto, ovviamente, ma il paese è costituito dalla gente e la gente forma la popolazione e, pertanto, sarebbe probabilmente opportuno, o per lo meno non erroneo, dare il giusto posto alla popolazione di un determinato paese o area geografica.

In effetti, la popolazione
- consuma: nel secondo trimestre del 2012, dai dati Eurostat, la componente “Spesa consumo finale famiglia” rappresentava oltre il 57% del Pil nominale per spesa in euro. Vedi anche: http://giovannimaiani.blogspot.it/2012/12/allevamento-di-polli.html.
- paga le tasse: non aggiungo altro visto che è un argomento che conosciamo tutti.
- migra: l’emigrazione e l’immigrazione giocano un ruolo fondamentale rispetto alle 2 dinamiche sopra evidenziate. Vedi anche: http://giovannimaiani.blogspot.it/2012/04/salario-rischio.html.
- è complessa: la popolazione è divisa principalmente per fasce di età, per sesso e per attività (popolazione attiva o pensionata ad esempio)...
- vota: l’inclinazione politica del Governo di un paese ne condiziona l’economia ed il ruolo della popolazione “votante” è molto importante. Spesso i politici ne sono più consapevoli della gente. Vedi anche: http://giovannimaiani.blogspot.it/2012/10/limportanza-del-voto.html.
E cosi via…

Secondo le proiezioni dell’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, relative al 2050, la popolazione mondiale sarà di 9,3 miliardi rispetto agli attuali 7 miliardi circa, mente la popolazione nei 34 paesi Ocse dovrebbe raggiungere circa 1.383 miliardi in aumento del 12.3% rispetto l’1.243 miliardi del 2011. Tuttavia, la crescita non sarà omogenea e l’istogramma accanto ci evidenzia la situazione complessiva.


Emerge immediatamente come il Giappone e la Corea potrebbero perdere nel 2050 rispettivamente il 35.55% ed il 14.94% della popolazione rispetto ai livelli attuali. Invece, la popolazione dell’Australia dovrebbe crescere nello stesso periodo del 50.12% e quella degli Usa del 40.89% per citare solo gli estremi. Un motivo in più per parlare maggiormente della popolazione.

Ora, osserveremo brevemente l’andamento del Pil in dollari per abitanti e quello della popolazione di alcuni paesi dell’Ocse.


Oltre i 2 terzi dei paesi presentano due curve tendenzialmente ascendenti come dal grafico relativo ai dati generali dell’Ocse. Osserviamo in rosso il Pil con scala a sinistra, mentre in blu troviamo la popolazione con scala a destra. Tuttavia, la Germania, l’Estonia e l’Ungheria presentano già una curva della popolazione fortemente discendente e le prospettive per il 2050 non indicano miglioramenti. La Germania potrebbe perdere ancora il 9% della propria popolazione, l’Estonia il 6.71% e l’Ungheria il 12.59%. Altri paesi come l’Italia e l’Olanda hanno una popolazione crescente, ma un Pil per abitante che tende ad appiattirsi.


Questo potrebbe indicare, ma non è detto in quanto ci sono altri fattori da considerare, che queste economie presentino dei problemi di redditività. In effetti, al 3° trimestre del 2012 e su base annua, il Pil italiano perdeva il 2.40%, mentre l’economia olandese scendeva dell’1.60%. La Germania con un Pil a +0.50% e l’Estonia con +3.50% sembrano avere tuttavia un’economia in grado di fronteggiare la diminuzione della popolazione, ma potrebbero presto necessitare di intervenire per fronteggiare l’invecchiamento della popolazione, sostenere l’indebitamento pubblico ed il peso delle pensioni.

Ovviamente, i flussi migratori della popolazione sono dovuti principalmente, anche se non solo, a motivi economici. In effetti, nell’analisi del 23 aprile 2012 avevo analizzato lo Smog (ossia il salario minimo orario garantito) dei paesi della zona euro e scritto scherzosamente che “difficilmente vedremo un lussemburghese andare in Bulgaria per cercare fortuna”. Il grafico a dispersione accanto mette in relazione il Pil in dollaro per abitanti e la variazione ipotizzata della popolazione nel periodo 2011-2050 nei paesi Ocse.  


Emerge immediatamente che i prossimi flussi della popolazione prendono ovviamente in considerazione l’andamento economico del paese di destinazione. Il puntino rosso all’estrema destra è relativo al Lussemburgo che vanta il Pil per abitante decisamente elevato. La mia battuta sul Lussemburgo aveva un fondo di verità.

Un breve accenno sull’orario medio lavorativo annuo. Anche questo interessa la popolazione attiva.

In 23 paesi Ocse, l’orario medio lavorativo annuo è tendenzialmente discendente come nel caso della Danimarca ad esempio.


La curva rossa rappresenta il Pil in dollari per abitanti con scala a sinistra e quella verde l’orario medio con scala a destra.


In circa 1 terzo dei paesi (vedi Norvegia, Svezia, Svizzera, Usa, Spagna, Germania, Ungheria,…) assistiamo già dal 2010 ad un’inversione di tendenza e dunque ad un aumento dell’orario lavorativo. Che sia l’inizio di una fase di inversione? Stiamo a vedere.

Da “bravo analista”, penso che la popolazione debba essere maggiormente presa in considerazione quando si parla dell’economia di un paese o di un’area geografica (vedi anche http://giovannimaiani.blogspot.it/2011/10/alcuni-paletti-sono-ormai-obsoleti.html) in quanto strettamente legata al consumo nazionale, alla condizione stessa del paese, al pagamento del debito pubblico, al Welfare e cosi via. Per concludere, la locomotiva europea tende ad invecchiare.

Buona Epifania e felice anno nuovo a tutti.

Giovanni Maiani