venerdì 15 dicembre 2017

Resistenza dinamica e Bitcoin Future gennaio 18.

Resistenza dinamica e Bitcoin Future gennaio 18.


AT a parte, sconsiglio di intervenire sul Bitcoin...


Aggiornamento del giorno 18 dicembre 2017

Oggi non siamo qui per pubblicizzare il Bitcoin, pertanto non vi diremo dove e come acquistarlo o dove e come spenderlo, ma cercheremo di individuare i principali pericoli che ne derivano visto la crescita esponenziale dei prezzi di questi ultimi mesi. Inoltre, i future (prodotti derivati) sul Bitcoin sono stati lanciati il 10 dicembre sul Cboe (Chicago Board Options Exchange) e il 18 dicembre sul Cme Group (Chicago Mercantile Exchange, Cbot, Nymex e Comex). Vedremo anche come è andato il primo giorno.

Prima di tutto non sappiamo fino a che punto si possa parlare di cripto-valuta o di moneta/valuta virtuale (VV) per il semplice fatto che una moneta dovrebbe assicurare una relativa stabilità del valore che rappresenta, esprimere fiducia ed essere anche largamente riconosciuta. Qua non è proprio il caso.

Bypassando il nome di questa categoria di prodotti, è necessario aver ben presente che non esiste soltanto il Bitcoin. In effetti, il suo maggiore concorrente è probabilmente Ethereum, ma ce ne sono molte altri come Ripple ad esempio ed altri ancora.
Dopo questa brevissima premessa ci rivolgeremo soprattutto ai non addetti ai lavori evidenziando, in modo del tutto obiettivo, alcuni rischi (ma ce ne sono molti altri) di questo strumento.


1)    Volatilità.
Abbiamo detto in introduzione che il nome di moneta non era appropriato. Il grafico accanto evidenzia i 7 anni di vita del Bitcoin e 7 anni del titolo azionario Intel ai tempi “pazzi” delle dot com. L’incremento esponenziale del Bitcoin (scala di sinistra) non può essere paragonato al normale andamento di una moneta, mentre abbiamo a che fare con uno strumento puramente speculativo che mette il possessore di fronte ad ampie fluttuazioni. Per esempio, la quotazione del Bitcoin è raddoppiata dal 20 novembre al 17 dicembre 2017; ossia in sole 14 sedute. Tuttavia, in molte occasioni, vedi i giorni 11 aprile 2013, 6 dicembre 2013 o 22 luglio 2010 per esempio, il valore è sceso del 40% in un solo giorno. Un altro dato: durante il 10% della sua vita, parliamo di circa 191 sedute su 1921, la variazione giornaliera è stata negativa con una perdita che va dal -5% al -45% circa…


2)    Accettazione.

Il grado di accettazione e il riconoscimento sociale del Bitcoin sono ancora relativamente bassi anche se in costante aumento. Vedi la quotazione dei future. Tuttavia, altri abbandonano il Bitcoin. In effetti, il 6 dicembre 2017, Steam (piattaforma di distribuzione di giochi online) ha comunicato che non accetterà più pagamenti in Bitcoin.

3)    Bid & Ask.

Il valore del Bitcoin è dunque molto volatile in quanto dipendente unicamente dalla domanda e dall’offerta. Il possessore del Bitcoin è quindi fortemente sensibile al livello reputazione della moneta virtuale (vedi per esempio il caso Mt. Gox del 2014).

4)    Rischio di perdita totale.

Il Bitcoin può essere utilizzato da chiunque senza l’intermediazione di un soggetto autorizzato e, soprattutto, regolamentato. Ne deriva che, una volta fatta l’operazione, è impossibile annullarla. Inoltre, il rischio di hackeraggio è elevato. Le chiavi dei portafogli virtuali vengono custoditi nei propri computer e/o smartphone, e questi sono sensibili ad attacchi. La perdita delle chiavi, per furto o meno, comporta la perdita dell’intero portafoglio senza la possibilità di fare ricorso; quello che si può fare invece in caso di clonazione della propria carta di credito. Anche in caso di morte il portafoglio è perso se le chiavi sono rimaste nascoste agli eredi. Soltanto gli ultimi 2 furti di Bitcoin:  vedi il 21 novembre 2017 “Nuovo attacco hacker sul Bitcoin, furto da 30 milioni ai danni di una valuta rivale” ed il giorno 9 dicembre 2017 “Gli hacker rubano 70 milioni in bitcoin”.

5)    Questione morale.

Anche se “probabilmente” nato con un’altra finalità, è lo strumento di pagamento (non è l’unico) preferito nel Deep Web in quanto garantisce l’anonimato. La rete peer to peer permette di effettuare pagamenti online direttamente tra i soggetti interessati, ma la certezza dell’anonimato può agevolare e favorire la nascita e lo sviluppo di attività illecite e criminali.

6)    Conoscenze tecniche.

Bisogna rigenerare la propria chiave (indirizzo) prima di effettuare una transazione per non essere ritracciato tramite il registro pubblico. Una dimenticanza che porterebbe rende noto l’importo del proprio portafoglio e la natura di tutti gli acquisti. Occorre pertanto una conoscenza minima dell’utilizzo del computer e delle procedure di sicurezza, nonché ricordarsi che la Blockchain e quindi tutte le transazioni sono pubbliche.

7)    Beta.

Il Bitcoin ed il relativo software sono ancora in una fase Beta…

8)    Una storia infinita.

I Bitcoin non sono infiniti e la loro quantità in circolazione tenderà a stabilizzarsi con probabili effetti sui prezzi, anche se non subito.

9)    Danno alla collettività.

Tutte le transazioni in Bitcoin sono senza Iva e, pertanto, i vari Stati perdono delle entrare sulla compravendita dei beni pagati con i Bitcoin. Indirettamente, quella mancante imposta peserà sull’intera popolazione.

10)    Warnings.

a)    L’European Banking Authority (EBA), il 13 dicembre 2013, conclude un intervento sui rischi derivanti dall’acquisto, dalla detenzione o dalla negoziazione di valute virtuali scrivendo: “… se i consumatori acquistano valute virtuali, dovrebbero comprendere appieno le loro caratteristiche specifiche…”. L’Eba è intervenuta anche a luglio 2014.

b)    Bankitalia, condividendo l’opinione dell’EBA, in una comunicazione del 30 gennaio 2015 ha sconsigliato l’integrazione di Bitcoin nei prodotti d’investimento e ha definito le valute virtuali (VV) come “rappresentazioni digitali di valore non emesse da una banca centrale o da un’autorità pubblica”.

c)    L'Agenzia delle Entrate ha sottolineato nel 2016 che le operazioni con i Bitcoins sono “prestazioni di servizi esenti da IVA”.

d)    Non più tardi di lunedì 4 dicembre 2017, in Francia, l’AMF (L’Autorité des marchés financiers) e l’ACPR (l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution) in un comunicato hanno messo in guardia gli investitori sui rischi associati al Bitcoin delfinandolo uno “strumento speculativo” che non è né “una moneta”  né “uno strumento finanziario” né  “un mezzo di pagamento al senso giuridico del termine”.

Il primo giorno di quotazione del future:

Sul Cboe, il 10 dicembre, e dopo una sospensione tecnica, le quotazioni del future sul Bitcoin scadenza gennaio, praticamente l’unica trattata, sono salite del 22.24% nel corso della prima parte della seduta, mentre sono stati scambiati soltanto 2979 contratti. Un rialzo di oltre il 22% in poche ore qualifica uno strumento come puramente speculativo e non come un asset serio.

Sul Cme, invece, il 18 dicembre, il future di gennaio ha realizzato quello che sarebbe stato il massimo di giornata in apertura, poi per perdere l’11.16% (l’11.37% sul Cboe) del proprio valore in meno di due ore e mezzo. Anche in questo caso osserviamo l’oscillazione di un prodotto puramente speculativo.

In conclusione possiamo affermare che, il Bitcoin, in quanto “strumento”, non può essere né buono né cattivo, ma è l’utilizzo e la rischiosità che ne derivano a caratterizzarlo. Tuttavia non è per tutti ed è difficile definirlo una valuta.

Giovanni Maiani 
 

domenica 19 novembre 2017

mercoledì 9 agosto 2017

I primi 5 euro Rsm

"La Repubblica di San Marino emette per la prima volta una moneta bimetallica da 5 euro in occasione della chiusura del Giubileo Straordinario della Misericordia…"




C'è da preoccuparsi?

lunedì 1 maggio 2017

L’obelisco della popolazione mondiale…


Con gli ultimi dati a disposizione, la popolazione mondiale ha superato la soglia dei 7.4 miliardi di individui il 36% circa dei quali collocati in Cina ed in India. Già questo dato dovrebbe fare riflettere.

Qualche altra particolarità. Gli Stati Uniti rappresentano soltanto il 4.4% della popolazione mondiale anche se sembrano ovunque e sono fortemente bellicosi. La zona euro costituisce poco più del 5.5% dell’intera popolazione rispetto al 13.1% rappresentato dal Medio Oriente e dall’Africa. Più della metà delle persone vive nell’area Asia/Pacifico.

E’ chiaro e risaputo che la densità della popolazione è eterogenea, mentre ad esempio c’è più gente in Bangladesh che in Russia.

Oggi, invece, ci focalizzeremo brevemente sulla popolazione attiva e prenderemo dunque in considerazione la popolazione sotto i 15 anni e quella al di sopra dei 65 anni. Per farlo, abbiamo indentificato 4 macro aree; ossia Asia/Pacifico, America Nord/Latina, Europa e l’ultima Medio Oriente/Africa.

Asia/Pacifico


La popolazione è generalmente molto giovane all’eccezione del Giappone che ha oltre il 30% della popolazione con un'età superiore ai 65 anni rispetto al 12% che ha al di sotto dei 15 anni, vedi anche la Corea del Sud con 18% contro 12.5%, Taiwan con 17.9% contro 12% e Hong Kong con 21% contro 13%. In quest’area abbiamo calcolato che la media della popolazione attiva è del 67.7% rispetto al 65.3% della media mondiale.

America Nord/Latina
 

Anche in questo caso, quest’area vanta una popolazione relativamente giovane eccezione fatta per il Canada che, probabilmente per motivi geografici, sanitari ed economici, presenta una popolazione degli oltre 65enne del 21.6% rispetto al 15.4% circa di giovani sotto i 15 anni. Mediamente, l’area ha una media di popolazione attiva di poco inferiore al 66%.

Europa
 

Qua la situazione è drasticamente invertita ed osserviamo immediatamente una prevalenza di persone anziane rispetto a quella popolazione di età scolastica. All’eccezione di Turchia, Irlanda, Cipro e Lussemburgo, il numero di pensionati è superiore al numero dei giovani, ma leggiamo che le due curve sono relativamente strette in quanto le relative percentuali sono molto vicine. La percentuale della popolazione attiva è perfettamente in linea con quella mondiale.

Medio Oriente/Africa



Questa volta abbiamo uno scenario molto diverso dai precedenti. In effetti, vediamo una forte presenza dei giovani rispetto a quelli che hanno un'età di oltre 65 anni e lo spread è cosi elevato che non lascia spazio alla libera interpretazione. Tranne per Israele e la Tunisia, la percentuale delle persone con un'età pensionabile non supera l’8% ed è in molti casi in Africa è inferiore al 3%; vedi l’Uganda con solo il 2% di persone anziane, o la Zambia o la Somalia che fanno fatica a raggiungere il 2.3%. Queste statistiche devono fare pensare visto che la percentuale media dei giovani supera il 37%. Il problema è che la popolazione muore relativamente presto e non arriva alla vecchiaia. La media della popolazione attiva fatica a raggiungere il 58% e questo dato è molto inferiore rispetto alla media mondiale del 65.3%.

Noi, quali essere umani, non possiamo lasciare invecchiare la popolazione in Europa, mentre in Africa la gente non riesce a raggiungere l’età della saggezza…

In effetti, l’invecchiamento della popolazione interessa in primis i seguenti paesi; Giappone (30% della popolazione ha oltre 65 anni), Germania (24.1%), Finlandia (23.2%), Slovenia (22.9%), Italia (22.8%), Grecia (22.5%), mentre i paesi come l’Uganda, Mali, Zambia, Mozambico e molti altri hanno oltre il 40% della popolazione molto giovane e meno del 3% di loro ha superato i 65 anni…

Il problema non è solo umanitario.

L’invecchiamento della popolazione in Europa sta mettendo a rischio le nostre pensioni e l’obbligatorietà della pensione complementare non è venuta dal nulla…

A livello mondiale, un quarto della popolazione (esattamente il 24.4%) ha meno di 15 anni, soltanto il 10.3% è di età pensionabile, mentre il 65.3% è di età lavorativa.

Bisogna tuttavia fare i conti con il tasso di disoccupazione che, come nel caso delle sofferenze bancarie, non offre il quadro completo dei senza lavoro in quanto non prende in considerazione quelli che non cercano più lavoro, per citare solo una categoria.

Pertanto, a livello mondiale, ipotizzando un tasso di disoccupazione medio complessivo del 7.8%, c’è al massimo il 57.5% della popolazione attiva che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) lavorare effettivamente. Nell’area Asia/Pacifico, la media della popolazione attiva di 67.7% scende al 63.7% circa se consideriamo un tasso medio di disoccupazione di poco superiore al 4%; vedi la Cina 4.02% e l’India ad esempio del 4.9%. Allo stesso modo, nell’area America Nord/Latina il tasso dei lavoratori “reali” scende al 58.7%, in Europa il 56.7% ed in Medio Oriente/Africa abbiamo circa il 45% (ma ci sono delle difficoltà nel reperire il tasso di disoccupazione di molti paesi africani).

Nelle area Asia/Pacifico e America Nord/Latina la media degli oltre 65 anni va dal 12.1% al 12.7% rispetto ad una media dei giovani sotto i 15 anni che va dal 20.2% al 21.6%. Le percentuali sono molto vicine. In Europa, invece, la popolazione anziana rappresenta di 19.8% rispetto al 15.7% di quella di età scolastica, allorché in Medio Oriente/Africa (con un’elevata concentrazione in Africa) solo il 4.4% della popolazione ha più di 65% rispetto al 36.9% dei giovani.

Le prospettive.

Le stime di https://www.census.gov ipotizzano una popolazione mondiale di 9.4 miliardi rispetto agli attuali 7.4 miliardi, mentre assisteremo ad un importante calo delle persone sotto i 30 anni a fronte ad un aumento della popolazione che avrà tra i 55 e 84 anni. Dal grafico emerge che la percentuale delle persone sotto i 15 anni è pari al 25.3% circa nel 2017 ed è stimata al 20.5% nel 2050, la popolazione attiva passerà dall’attuale 65.8% al 62.8% del 2050, mentre la popolazione oltre i 65 anni sarà pari al 16.7% dall’attuale 8.9%. La popolazione “anziana” potrebbe quindi raddoppiare nel 2050…


Dal sito https://www.populationpyramid.net le piramidi della popolazione mondiale mostrano una pericolosa diminuzione della popolazione giovane, mentre la figura geometrica del 2100 potrebbe assomigliare ad un obelisco.

1950


2000


2050


2100


 La situazione attuale non è delle migliori e nel futura sarà peggio.

Se non troviamo dei rimedi efficaci, i nostri figli oggi poco più che ventenni saranno un peso insopportabile per i Governi nel 2050… Una magra consolazione, non ci sarò per vedere questo scempio.  

Cordialmente,

Giovanni Maiani

mercoledì 22 febbraio 2017

Aqr e tassi di recupero in Italia.

Banca d’Italia ha pubblicato lo scorso 28 gennaio 2017, quindi circa 3 settimane fa, il rapporto n°7 della collana “Note di stabilità finanziaria e vigilanza” intitolato “I tassi di recupero delle sofferenze”.

Troverete il documento di 16 pagine di seguito: http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/note-stabilita/2017-0007/Note_di_stabilita_finanziaria_e_vigilanza_N._7.pdf

Il testo fa ovviamente riferimento allo scenario italiano, ma è bene prenderne conoscenza anche perché tratta di un argomento attualissimo anche a San Marino.

In effetti, a breve verrà pubblicata in Repubblica l’Aqr (asset quality review) curata dalla Boston Consulting, mentre ci si interroga se la gestione degli Npl (non performing loans) debba essere effettuata internamente o esternamente al Paese.

Da “bravo analista” non voglio entrare in merito alla questione che verrà affrontata dalla politica, ma intendo riportare fedelmente qualche parte significativa del report in quanto San Marino dispone di pochi dati al riguardo.

“Per il sistema bancario italiano i tassi di recupero sulle sofferenze si posizionano in me dia su valori coerenti con i tassi di copertura risultanti dai bilanci. A dicembre del 2015 il tasso di copertura medio era pari al 59%, cui corrisponde un tasso di recupero atteso del 41%. Nel decennio 2006-2015 il tasso di recupero è risultato pari in media al 43%.“

“I tassi di recupero dei crediti assistiti da garanzie reali sono significativamente più elevati rispetto a quelli registrati sulle altre posizioni (55% nella media del periodo contro il 36%).”

“I  tassi  di  recupero  delle  sofferenze  verso  le  famiglie  sono  più  elevati  rispetto  a  quelli  verso le imprese non finanziarie (53% in media nel periodo contro il 40%).”

“I  tassi  di  recupero  risultano  decrescenti  in  funzione  dell’anzianità  delle  posizioni  chiuse.”

Ci sono altri spunti molto interessanti nel documento, inclusa la metodologia di stima dei tassi di recupero.

Il grafico mostra invece i “Tassi di recupero per tipologia di chiusura: recuperi in via ordinaria o tramite cessione sul mercato”


La scarsità dei dati statistici italiani relativi al recupero degli Npl rende difficile l’individuazione della metodologia più adatta ad affrontare il problema, soprattutto se parliamo di San Marino, ma non possiamo ignorare obiettivamente la casistica a disposizione.

L’ignoranza è il peggior di tutti i mali.

Cordialmente,

Giovanni Maiani