Dal rapporto annuale “Doing Business 2011” della Banca Mondiale (rapporto che valuta obiettivamente attraverso 9 parametri la regolamentazione delle piccole e medie imprese in 183 economie di paesi e di alcune città offrendo dunque uno strumento indispensabile e comparativo a livello internazionale) pubblicato lo scorso 4 novembre evidenzia che l’Italia ha perso 4 posti rispetto allo scorso anno scivolando fino all’80° posizione preceduto dalla Cina dunque 79° e seguita dalla Giamaica 81°.
Non sto qui per parlare male sul fare impresa nel bel paese in quanto sarebbe troppo facile visto i dati, e poi i nostri cugini politici direbbero un’altra volta e senza fondamenta che è tutta colpa dei paradisi fiscali, ma per evidenziare che viene offerto a San Marino uno strumento molto valido per riproporsi a livello internazionale.
In effetti, la prossima economia del nostro Paese dovrà fare uno sforzo e guardare più in là della punta del proprio naso e poter confrontarsi con il resto del Mondo, e lo scrivo perché so che è in grado di farlo. Usando il rapporto “Doing Business 2011” possiamo prima di tutto vedere dove l’Italia fa difetto per poter essere concorrenziali ed in grado di attrarre il meglio del mondo imprenditoriale italiano, ma anche e soprattutto del mondo imprenditoriale internazionale. Basterebbe dimostrare ad un investitore estero che vuole sbarcare in Italia che è molto più conveniente farlo qua da noi.
Osserviamo, molto sinteticamente, alcuni dei 9 parametri di valutazione utilizzati nel rapporto per cercare di capire dove possiamo diventare competitivi rispetto all’Italia:
Starting business.
L’Italia è al 68° posto ed occorrono 6 giorni e costi molti elevati per aprire un’attività. Invece, ai primi posti nella classifica di questa categoria (ogni categoria è ulteriormente divisa in sezioni) troviamo la Nuova Zelanda e l’Australia. In entrambi i casi occorrono al massimo 2 giorni e costi vicini allo zero, oltre all’assenza del “minimum capital”.
Possiamo farlo anche noi con costi bassi e “minimum capital” bassissimo e saremmo più competitivi dell’Italia.
Dealing with construction permits.
L’Italia è al 92° posto in questa categoria ed occorrono 257 giorni e costi elevatissimi per ottenere una concessione edilizia. Per non sapere leggere e scrivere torno a vedere i primi posti di questa sezione e trovo Hong Kong e Singapore. A Singapore bastono 25 giorni per i permessi ed, in entrambi i casi, i costi sono più di 7 volte inferiori rispetto a quelli italiani.
Possiamo farlo anche noi riuscendo a concedere, ad esempio, un permesso in un mese a costi ragionevoli e saremmo più competitivi dell’Italia.
Registering property.
L’Italia è al 95° posto in questa categoria e necessità di 27 giorni e costi pari al 4.5% del valore del bene immobiliare in caso di trasferimento di proprietà. I primi posti sono occupati dall’Arabia Saudita e dalla Georgia. In entrambi i casi bastano 2 giorni, mentre i costi sono azzerati, o quasi.
Possiamo farlo anche noi con costi bassi e saremmo più competitivi dell’Italia.
Paying taxes.
L’Italia “vanta” il 128° posto della graduatoria dove il pagamento delle tasse rappresenta 285 ore di lavoro l’anno e fino al 68.6% degli utili. Le Maldive ed il Qatar hanno invece le migliori condizioni dove le tasse non superano le 36 ore lavorative annue e l’11.3% degli utili.
Possiamo farlo anche noi con tasse basse, ma pagate da tutti, e saremmo più competitivi dell’Italia.
Enforcing contracts.
L’Italia “vanta” il 157° posto sui 183 della graduatoria ed occorrono 1210 giorni per il recupero crediti e costi che si avvicinano al 30% del valore della discordia. I primi posti sono occupati dal Lussemburgo e da Hong Kong dove bastano mediamente 300 giorni e costi rispettivamente pari a 10%/20% circa.
Possiamo farlo anche noi con una giustizia più snella ed efficiente e saremmo più competitivi dell’Italia.
Ho illustrato sinteticamente qualche elemento dove l’Italia è scadente, ma queste mancanze potrebbero permettere di aumentare l’attrattiva di San Marino. Magari è già cosi…
Vediamo ora chi c’è ai primi 10 posti del rapporto mondiale. Troviamo in ordine:
Singapore, Hong Kong, New Zealand, United Kingdom, Usa, Denmark, Canada, Norway, Ireland ed Australia. Basterebbe analizzare bene questi paesi ed osservare i
rispettivi punti di forza che potremo cercare di
fare Nostri. In fondo, non è spionaggio internazionale, ma solo analisi su dati pubblici.
Nuovamente e sempre molto sinteticamente vediamo i punti di forza dei primi 10 paesi.
Ho realizzato per l’occasione una tabella che rispecchia il formato del rapporto originale e mostra i valori medi dei primi 10 della classifica generale. In questo modo otteniamo un profilo tipo ed un’indicazione di massima su che cosa fanno i paesi dove è meglio fare business.
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Mediamente, la situazione dei paesi della Top10 è la seguente:
Occorrono 6 giorni per aprire un’impresa ed i costi sono contenuti. Si ottiene una concessione edilizia in meno di 4 mesi. La procedura per il trasferimento di proprietà di beni immobiliari necessità poco più di 2 settimane con costi pari al 2.79% del bene. Il “Public registry coverage” (ossia l’accesso e la qualità dell’informazione sul credito fornita da uffici pubblici) è vicino allo 0, mentre il “Private bureau coverage” (l’accesso e la qualità dell’informazione sul credito fornita da privati) arriva all’83.82%. L’indice di protezione dell’investitore si avvicina all’80%. Le tasse sono pari al 34% dell’utile e rappresentano l’equivalente di 119 ore lavorative. Importare o esportare un container costa rispettivamente 958 e 928 dollari Usa. Una procedura per fare rispettare un contratto (recupero crediti) necessità meno di un anno solare e costa circa il 20% dell’oggetto in discussione. La chiusura di un’attività ha un tasso di ritorno attorno all’86%.
Questo è quanto succede tendenzialmente nei migliori paesi promossi nel rapporto della Banca Mondiale. Sta poi a noi sammarinesi tenerne conto o ignorarlo. Sappiamo tuttavia che il resto del Mondo guarda il rapporto Doing Business con attenzione dal 2003.
Fino ad ora ho cercato di scrivere da “bravo analista”, ma se mi permette devo inserire una breve constatazione come presidente dell’associazione San Marino Corea.
Nella classifica generale la Repubblica della Corea vanta il 16° posto e, dopo i primi due occupati rispettivamente da Singapore e Hong Kong, costituisce la terza punta di diamante nello scenario asiatico distanziando, anche se di poco, il Giappone 18° in classifica e, soprattutto, la Cina 79°.
Seguendo sempre il rapporto della Banca Mondiale, i punti di forza sud coreani sulle 183 economie analizzate sono:
la rapidità nel rilasciare una concessione edilizia (22° posto), l’agevolazione nelle procedure di accesso al credito (15° posto), le ottime condizioni nell’import/export (8° posto), la facilità nell’ottenere il rispetto di un contratto ed dunque il recupero crediti (5° posto) ed i costi contenuti in caso di chiusura di un’attività (13° posto).
Tornando al discorso iniziale, il rapporto della Banca Mondiale ci fornisce dunque un’ottima mappa internazionale di dove si fa impresa e di come la si fa. Inoltre ci fornisce un’indicazione di massima sull’obiettivo da raggiungere per essere competitivi, prima nei confronti dell’Italia poi a livello internazionale, ed in grado di attrarre capitali in modo costante e duraturo. In fondo, questa è la chiave per la sopravvivenza prima e lo sviluppo poi di San Marino.
Pertanto, ma solo se c’è la reale ed onesta volontà di farlo (perché non c’è più cieco di chi non vuole vedere) non occorre essere un alieno con super poteri per capire che cosa ci manca e che cosa dobbiamo fare per migliorare. In analisi di bilancio, per esempio, un esperto esterno non riuscirai mai a scovare il 100% delle operazioni di Window Dressing eventualmente realizzate dalla società. E’ impossibile. Solo chi redige il bilancio conosce perfettamente la situazione interna. Lo stesso discorso vale per San Marino. Una cosa è sapere la situazione reale del paese (e questo possiamo saperlo solo noi, e neanche tutti noi purtroppo…) l’altra è come possiamo fare per migliorare (ed occorre capire come gira il mondo). Ed è qua che dobbiamo essere attenti ai rapporti delle Istituzioni internazionali; Banca Mondiale, OCSE o OCDE (l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), OMC, e cosi via. Possiamo dunque, o meglio soprattutto, utilizzare gli studi internazionali realizzati da Istituzioni di prestigio come sopra o le giudichiamo non all’altezza? In ogni caso vengono utilizzati come punto di riferimento su tutto il Pianeta e poi, in fondo, sono anche gratis.
San Marino può diventare un’Eccellenza nel prossimo futuro se lo vuole veramente, ma certe cose devono cambiare in Repubblica. In fondo, una crisi è indispensabile per provocare certi cambiamenti epocali e ci offre un’opportunità di miglioramento incredibile. Basta soltanto cogliere il momento pensando al bene del paese e non al bene di qualche singolo individuo. Non è complicato. Volere e potere.
Da “bravo analista” cerco di fare la mia parte (gratuitamente) e lo faccio perché so che ci sono molti altri sammarinesi onesti ed attaccati al paese che vogliono un futuro migliore per la più antica repubblica del pianeta.
Giovanni Maiani