martedì 16 luglio 2013

Efficienza del rating.

Si parla molto dal 2008, ossia dal fallimento/scandalo della Lehman Brothers, dei rating in genere (sovrani o corporate) e della validità degli stessi. Durante le ultime settimane abbiamo assistito a molte polemiche al riguardo.

Oggi, da “bravo analista”, voglio osservare con un occhio critico, ma obiettivo il rating sovrano italiano delle principali 3 agenzie ossia Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch.

Procedimento:
Voglio confrontare graficamente e statisticamente i vari rating rispetto ad alcuni strumenti come il rendimento del decennale italiano ed il cds Italia e, di conseguenza, il modo migliore è quello di assegnare un numero ad ogni rating. La tabella accanto mostra i 10 rating investiment grade delle 3 agenzie ed il relativo numero assegnato. Per esempio il rating migliore, ossia la AAA, ha un valore 1, mentre l’ultimo livello degli investiment grade (ossia Baa3 per Moody’s e BBB- per S&P e Fitch) corrisponde al 10. Pertanto, più il numero di riferimento è elevato maggiore è l’indicazione del rischio e quindi peggiore è il rating.


Rating sovrano dell’Italia
Osserviamo immediatamente che il rating sovrano italiano nel mese di ottobre 1986 fosse AAA per Moddy’s (l’unico rating disponibile all’epoca). Pertanto il paese era ritenuto molto affidabile. Evidente poi una lunga fase di relativa calma piata che va dal mese di ottobre 1991 al mese di agosto 2011 (anche se S&P aveva abbassato il rating da AA- a A+ nel mese di ottobre 2006) seguita da una corsa a chi declassava prima di rating sovrano italiano. In effetti, attualmente il rating è al penultimo livello degli investiment grade e ha un valore pari a 9 su 10 nella nostra elaborazione.
La prima considerazione è che dal 1991 al 2011 i rating sono cambiati relativamente poco muovendosi all’interno di 2 o 3 notch (livelli).
La seconda considerazione è che dal mese di agosto 1994 (da questa data abbiamo il rating delle 3 agenzie) a questo fine settimana la correlazione sull’intero periodo tra il rating di Moody’s e quello di S&P è pari a quasi 55, quello tra Moody’s e Fitch di 88 e tra quello di S&P e Fitch di 78. Questi dati confermano la semplice osservazione del grafico accanto.
 

Rendimento percentuale del Btp a 10 anni e rating Italia
1)      Generalizzando, un paese molto rischioso fatica a reperire liquidità e, di conseguenza, dovrà offrire un maggiore rendimento obbligazionario in modo di apparire appetibile in quanto a rischio elevato corrisponde un interesse superiore. Il grafico attira la nostra attenzione sul fatto che dal 1995 (quando il rendimento del Btp era del 12% circa) alla fine del 1998 (3.30% circa) abbiamo osservato teoricamente una diminuzione della percezione della rischiosità del paese Italia, ma i rating sono rimasti relativamente stabili. Allo stesso modo, il rendimento è raddoppiato nel periodo febbraio 2005 – luglio 2011 con relativa indifferenza dei rating.
2)      Non è stato voluto, ma è interessante osservare graficamente che nel periodo 1999-2011 circa i rating sono stati a lungo stabili in corrispondenza dei valori 3, 4 e 5 che corrispondono sia al rendimento reale in forma percentuale del Btp sia ai rating Aa2, Aa3 e A1 per Moody’s (AA, AA- e A+ per S&P e Fitch) come se questi fossero supporti e resistenze statiche. La metodologia di calcolo del rating potrebbe essere stata cambiata durante gli ultimi 2 o 3 anni.


Cds sovrano dell’Italia a 5 anni in dollari e rating Italia
Il Cds (Credit default swap è una misurazione del rischio di credito utilizzata anche come copertura creditizia) ha dovuto superato quota 450 circa per S&P e 500 circa per Moody’s e Fitch prima di poter generare un peggioramento dei rating che passano dai nostri livelli 3/5 a 6/8.
Sarebbe stato bello, invece, osservare un peggioramento dei rating già durante la metà del 2011 quando il Cds è tornato stabilmente al di sopra dell’area 200/250 circa che corrispondeva, allora, anche al massimo storico. In questa occasione, quello tedesco superava quota 60.


Indice azionario Comit storico e rating Italia
Può sembrare singolare confrontare l’andamento dell’azionario ed il rating sovrano di un paese, ma se investo X nell’obbligazionario questo X non posso investirlo nell’azionario, e viceversa. La scelta dell’indice Comit storico è dovuta alla lunghezza della serie storica.
Anche in questo caso non osserviamo nessuna reazione nei rating quando l’azionario è passato dal 365 di ottobre 1992 al massimo del 2000 di 2182, e viceversa varie volte. I rating si sono “agitati” solo dal 2011.


Gdp e rating Italia.
Negli anni 2004/2006 il Gdp (Pil) italiano, ossia l’economia, avanzava, mentre i rating di S&P e Fitch sono peggiorati rispettivamente da AA- a A+ e da AA a AA-.


Disoccupazione e rating Italia.
Nello stesso periodo, quindi gli anni 2004/2006, abbiamo osservato un calo del tasso di disoccupazione da 8.20% a 5.90% accompagnato dal peggioramento del rating.


Cpi e rating Italia.
Osserviamo che l’inflazione passa dal 3.8% allo 0.2% (settembre 2009 – settembre 2009) in un anno e non influisce sul rating sovrano.


Produzione industriale e rating Italia.
Il grafico trimestrale della produzione industriale ci ricorda ovviamente quello del Gdp e, anche in questo caso, un passaggio da 2.6% a -25.9% della produzione avvenuto nel periodo settembre 2007 – marzo 2009 non comporta nessuna reazione dei rating.


Debito / Gdp e rating Italia.
Ci si poteva aspettare ad un peggioramento del rating già negli anni 2008/2009, mentre questi sono peggiorati molto più tardi.


Variazione percentuale del debito pubblico e rating Italia
Dal 1992 al 1996 il debito pubblico italiano è cresciuto di oltre il 33%, mentre la reazione dei rating è stata relativamente limitata.


Deficit / Gdp % e rating Italia.
Dal 1993 al 2000 il rapporto tra il deficit ed il gdp è passato da -9.5% a -0.8% con relativa indifferenza dei rating.


Deficit pubblico cumulato / Gdp % e rating Italia.
Non osserviamo visivamente nessuna relazione tra il deficit cumulato ed il rating sovrano italiano e l’indice di correlazione lo conferma ampiamente.


Abbiamo analizzato molto rapidamente ed in modo decisamente approssimativo il rating sovrano italiano delle 3 agenzie di riferimento ed una dozzina di indicatori economici/finanziari e, a prima vista, la correlazione tra i rating e l’andamento reale del paese Italia è relativamente bassa.

Sono certo che non è facile elaborare un rating sovrano in quanto occorre prendere in considerazione una lunga serie di parametri fondamentali, ma da “bravo analista” osservo una scarsa reattività ed una limitata efficienza dei rating. A conferma della mia tesi osserviamo che gli effetti del cambiamento di rating sul mercato sono spesso effimeri quando va bene. Vedi il nulla di fatto dopo il recente downgrade francese.

Ricordo che negli ultimi giorni l’Italia è stata declassata da Standard & Poor’s, la Francia ha perso venerdì la AAA di Fitch e la stessa agenzia ha declassato, poche ore fa, il fondo salva Stati da AAA a AA+, mossa relativamente scontata dopo il declassamento francese.

Dopo l’ultima triste vicenda, colgo l’occasione per comunicarvi che, secondo me, a Dio non piace farsi insultare quando va in giro con il suo vestito da sera. La conclusione del mio precedente post ossia “…fate proseguire gli studi ai figli…” è purtroppo azzeccata con pochi giorni di anticipo. Avere una laurea non implica obbligatoriamente di essere intelligente. Cultura ed intelligenza non risiedono sempre nella stessa persona. L’uomo è proprio un piccolo animale. Io non ho parlato molto bene dei rating, ma ci vuole rispetto a prescindere. A maggiore ragione nei confronti di un essere umano.

Cordialmente
Giovanni Maiani