In effetti, il Pil anno su anno nella zona
euro passa da una crescita nulla di fine marzo ad una recessione dello 0.50%. mostrando
l’impatto negativo della crisi del debito pubblico nell’area. La locomotiva
tedesca riesce a fare registrare un rialzo di 1%, mentre la Francia fatica nel
confermare il +0.30% del primo trimestre. L’economia italiana sprofonda ulteriormente
nella recessione e fa registrare una flessione del 2.60%, dopo il calo di
-1.40% di marzo scorso ed il -0.50% di dicembre 2011. La crisi non risparmia il
Regno Unito la quale economia fa registrare una flessione dello 0.50%. Gli Usa
riescono a fare progredire la propria economia del 2.30%, mentre la Cina, anche
se mostra segnali di rallentamento, ha un Pil che sale del 7.60% rispetto
all’8.10% del primo trimestre e conferma, di conseguenza, la precedente ipotesi
di ulteriore ridimensionamento. L’economia nipponica invece migliora e passa
dal +2.90% del primo trimestre all’attuale +3.20%. E’ uno dei pochi casi di miglioramento.
Calano tuttavia in Giappone i principali indicatori relativi alle condizioni
degli affari, mentre migliora la fiducia dei consumatori.
Questa volta, nella nostra premessa, non
parleremo della Spagna o della Grecia, ma ci focalizzeremo un attimo sul bel
paese. In effetti, l’Italia vanta, per modo di dire, la pressione fiscale (dal
55% al 70%) e l’ascissa sulla benzina più elevate a livello europeo (spesso a
livello mondiale) ciò che mina considerevolmente il consumo interno e, di
conseguenza, il Pil. Ricordiamo che l’economia italiana è in recessione da 3
trimestri, ossia dallo scorso mese di dicembre, e che le cose tendono a
peggiorare ulteriormente. Non se ne parla spesso, ma l’inflazione armonizzata
anno su anno, che permette un confronto più accurato tra i vari paesi, è pari
al 3.50% per lo scorso mese di agosto rispetto al 2.20% dell’inflazione
armonizzata tedesca. Di fronte ad un tale aumento dei prezzi, la retribuzione
oraria anno su anno relativa al mese di luglio è dell’1.50% e quindi stabile
rispetto al mese precedente. Prosegue la contrazione della produzione
industriale che, a giugno, vede un crollo dell’8.20% su base annua (-1.40% su
base mensile), mentre il rialzo del 4.80% di agosto 2011 è solo un lontano
ricordo. Anche gli ordini industriali su base annua calano dal mese di agosto
2011 passando da +7.80% all’attuale -9.4’%. Osserviamo uno scenario identico,
ossia un drastico peggioramento da circa 12 mesi, in molti altri settori. Un
ultimo comparto per tutti quello delle immatricolazioni di auto nuove che cede
a luglio del 21.40% su base annua dopo il rialzo dell’1.50% di agosto 2011. Sempre
in Italia, la Spending Review, che negli altri paesi viene chiamata giustamente
“piano di austerità”, evidenzia e conferma il fallimento di una certa classe
politica che ha peccato di egoismo oltre ad essere stata poco lungimirante.
Anche l’economia sammarinese (ne approfittiamo per sottolineare la mancanza di
dati macroeconomici storici) ha dimostrato di avere i piedi di argilla (vedi
anche la raccolta bancaria a giugno pari a 7.150 miliardi e le sofferenze
all’11.20% degli impieghi) ed i cittadini verranno nuovamente chiamati alle
urne il prossimo 11 novembre (quel giorno si festeggia l’armistizio del 1918 in Francia e
confidiamo in un armistizio politico per il bene del paese anche a San Marino) e
avranno, se lo vorranno veramente (ma sarà molto probabilmente una nuova occasione
persa), la possibilità di cambiare le cose. Interessante anche osservare quello
che accadrà, eventualmente, in Repubblica dopo il recente resoconto della
commissione antimafia sammarinese.
L’inflazione su base annua nella zona euro
per il mese di agosto è pari al 2.60% (2.40% a luglio), mentre le cose vanno leggermente
meglio in Germania ed in Francia dove l’aumento dei prezzi è pari al 2.10%. Il
dato dell’inflazione italiana per il mese appena concluso è del 3.20% da una
precedente ipotesi di 3.10%. Nel Regno Unito, l’inflazione è leggermente
superiore a quella europea e ha raggiunto il 2.50%. Negli Usa, invece,
l’inflazione su base annua è dell’1.70% rispetto al 2.00% cinese ed all’1.50%
coreano, mentre il Giappone è sempre in deflazione con -0.40%. Per quanto
riguarda le previsioni dell’inflazione annua per l’anno in corso si ipotizza
generalmente un tasso del 3.10% in Italia, del 2.60% nel Regno Unito, del 2%
negli Usa e del 2.30% nell’area euro.
Il tasso di disoccupazione nella zona euro non
riesce a stabilizzarsi e realizza un nuovo massimo a luglio all’11.30% dal 10.90%
di fine marzo. Costante invece il livello tedesco al 6.80%, ossia il livello di
fine aprile. In Italia, invece, il problema della disoccupazione ha raggiunto
livelli decisamente preoccupanti, soprattutto quella giovanile, mentre il tasso
generale alla fine del primo semestre ha raggiunto il 10.70% dal 9.80% di
marzo. Sempre elevato anche negli Usa il tasso di disoccupazione che raggiunge
ad agosto l’8.10% dal precedente 8.30%. A titolo di paragone, i “senza lavoro”
in Giappone rappresentavano a luglio il 4.30% della popolazione attiva rispetto
al 3.10% sud coreano.
Il tasso interbancario euribor prosegue la
fase discendente ormai inarrestabile e mette a segno una serie di nuovi minimi
storici. Il tasso a 3 mesi è allo 0.233% rispetto allo 0.465% del 6 mesi. I
tassi swap (quindi i tassi oltre i 12 mesi) sono vicini ai minimi per le
scadenze più vicine, mentre i tassi oltre i 6 anni circa sono in corrispondenza
dei livelli di settimana mese fa. Per avere un punto di riferimento, lo swap a
10 anni è all’1.7950%.
Il rendimento a 10 anni del benchmark obbligazionario
tedesco è in rialzo da qualche settimana ed è pari all’1.57% rispetto al 5.02%
italiano, al quasi 20% greco, all’8.58% portoghese ed al 5.77% spagnolo. Lo
spread italiano è a circa 344 punti base (bps) inferiore alla media da inizio
anno pari a 407 bps per il doppio effetto del calo del rendimento del decennale
italiano e del rialzo di quello tedesco. Lo spread italiano è cosi sceso di
oltre 100 bps in un mese. Lo spread greco pari a 1929 bps è sempre molto
elevato, ma sta beneficiando di un lieve allentamento della pressione sul paese
ellenico ed è situato molto al di sotto della sua media del 2012 attualmente
pari a 2330 bps. Lo spread portoghese con 668 bps è relativamente vicino al
minimo dell’anno pari a 606 bps, media 935 bps. Lo spread spagnolo, anch’esso in
diminuzione, è pari a 420 bps e deve tuttavia fare i conti con le regioni,
sempre più numerose, che hanno chiesto aiuto al governo centrale; vedi Murcia,
Catalogna e Valencia. I Cds più elevati riscontrati nei paesi sviluppati
emergono in Portogallo con 483,
in Spagna con 369 ed in Italia con 327. Il Cds greco non
ha senso su tali livelli. Rimaniamo ancora un attimo nel comparto
obbligazionario internazionale. Per avere un’idea di quello che sta succedendo
nel mondo potrebbe essere utile analizzare sinteticamente i flussi di mercato
degli ultimi tre mesi. Solitamente hanno prevalso le vendite specialmente nel
comparto finanziario (ovviamente è quello più ampio), le scadenze maggiormente
interessate sono state quelle da 3
a 7 anni e quindi da 7 a 12 anni, mentre le obbligazioni interessate
avevano un rating da Baa1 a Baa3 o da A1 a A3 (parliamo dunque di investiment
grade).
La divisa europea ha confermato la
precedente ipotesi che “potrebbe cedere ulteriormente nel prossimo futuro” in
quanto ha proseguito la fase discendente passando dal precedente 1.25 dollari
di fine maggio a poco meno di 1.20 dollari di fine luglio prima di riportarsi oltre
1.32$. L’euro ha guadagnato terreno durante le settimane, ma si sta riportando
al di sotto di quota 1.30 generando un lieve segnale di recupero del biglietto
verde. Probabile un ulteriore calo dell’euro. Il future sull’oro ha superato la
resistenza del canale discendente in essere da circa 12 mesi situato in
corrispondenza 1660 dollari e sembra intenzionato a confermare il suo ruolo di
bene rifugio. Attualmente viene scambiato a 1775 dollari e sembra in grado di
recuperare ulteriormente. Il future sul petrolio, contratto di novembre, ha
realizzato un minimo relativo alla fine dello scorso mese di giugno attorno a 78.50
dollari prima di mettere a segno una fase di rafforzamento che ha portato al
test del recente massimo relativo oltre 100$. Ora consolida nelle immediate
vicinanze di 96 dollari. Anche il petrolio (oro nero) è a un bivio ciò che
contribuisce ad aumentare ulteriormente la volatilità nel comparto delle
materie prime. Il relativo indice generale tenta di confermare il segnale di ripresa
generato un mese fa a seguito del passaggio al di sopra di quota 300 anche se
indietreggia parzialmente dopo il picco di oltre 320. Interessante evidenziare che,
dall’inizio dell’anno, il frumento e la soia hanno messo a segno importanti
rialzi dall’inizio dell’anno, mentre il caffè ha perso considerevolmente.
L’indice azionario mondiale Msci world
guadagna terreno da qualche settimana e ha appena realizzato un nuovo massimo
dell’anno a quota 1347. Il rischio maggiore consiste nel ritorno al di sotto di
1320 in
quanto ciò potrebbe costituire un primo segnale di indebolimento del comparto
azionario internazionale. Interessante ora osservare la reazione degli
investitori dopo la pausa estiva ed volumi decisamente ridotti. L’indice
azionario italiano, Ftsemib, ha generato a metà agosto un segnale di inversione
rialzista con il superamento di quota 14500 circa e ha recentemente realizzato
una serie di nuovi massimi oltre quota 16500. Le prossime elezioni
presidenziali americane, che si terranno il prossimo 6 novembre (quel giorno
del 1962 le Nazioni Unite hanno condannato l’apartheid), potrebbero “garantire”
per lo meno l’assenza di un crollo borsistico significativo durante le prossime
settimane. Le Ipo (Initial Public Offering) italiane, ossia i nuovi
collocamenti in borsa, sono andate relativamente bene dall’inizio dell’anno e
hanno avuto un rialzo medio del quasi 18% rispetto al calo di -8.47% delle Ipo
negli Usa. In effetti, il pessimo andamento dell’Ipo di Facebook era del tutto prevedibile
se ci ricordavano le società newcom, sempre americane, della fine degli anni
‘90. Anche all’epoca si acquistava il nulla e delle promesse.
In conclusione, le tensioni sono
momentaneamente diminuite su Grecia, Portogallo, Spagna ed Italia, mentre l’economia
cinese tende a ridimensionarsi ulteriormente ed il Pil dei paesi Brics è visto
al ribasso per il 2012 al 6.02% (dal 6.98% del 2011) per aumentare, forse, nel
successivo 2013. Vari paesi potrebbero chiedere gli aiuti internazionali, in
ultimo abbiamo la Slovenia. Si parla anche di “hard landing"; ossia di un
drastico rallentamento dell’economia.
Lo scenario internazionale è tuttora in una
situazione di “calma apparente” principalmente grazie a due recenti eventi
particolarmente attesi. Vediamoli molto sinteticamente.
Lo scorso 12 settembre la Corte
costituzionale tedesca si è pronunciata a favore del fondo europeo salva-Stati
(Esm) allo scopo di contrastare la crisi del debito pubblico.
Qualche giorno dopo, la Fed (Federal Reserve
ossia la Banca Centrale americana) ha deciso di procedere con il terzo
Quantitative Easing (QE3); ossia stamperà nuovamente denaro per sostenere l’economia
americana ed, in modo particolare, l’occupazione. Tale operazione potrebbe
essere una mossa puramente politica in prossimità delle elezioni presidenziali
negli Usa. Ricordiamo che il 1° QE è avvenuto in corrispondenza di un’economia
in flessione del 4%.
Queste due manovre hanno dunque allentato le
tensioni internazionali, ma i problemi di fondo rimangono. Viene applicato un
cerottino su una ferita che necessita di ben altro per essere curata. Per
esempio, il piano di acquisto chiamato "Outright monetary
transactions" (Omt) che verrà utilizzato nel fondo salva-Stati
potrebbe portare un aumento della volatilità sul mercato secondario e la Fed
non può stampare denaro all’infinito senza accumulare problemi che emergeranno inevitabilmente
fra qualche anno… Quindi sfruttiamo con cautela l’attuale “tregua finanziaria”,
ma non abbassiamo la guardia. Da non sottovalutare le tensioni in Iran (anche
per la navigazione del petrolio) e le manifestazioni del mondo arabo.
Infine e tornando al contesto nazionale, San
Marino non può permettersi di fare neanche un passo indietro se vuole avere
qualche possibilità di recuperare credibilità a livello internazionale. Ne va
dell’economia del paese e del futuro dei nostri figli.
Spesso le persone chiedono il consiglio
degli analisti quando non serve (quando la situazione è molto favorevole e
semplice da interpretare), mentre pensano di riuscire a farcela da soli quando
la situazione è critica. E’ un fenomeno molto corrente e ciò spiega perché il
fai da te è quasi sempre controproducente, per lo meno, nel difficile e
spietato mondo finanziario. Quando uno sta male si reca immediatamente dal suo
medico di fiducia e quando deve investire i suoi risparmi dovrebbe andare
immediatamente presso il suo istituto di credito di riferimento. Semplice. Le
cose più semplici sono spesso quelle più complicate.
(analisi realizzata il 20 settembre 2012)
Giovanni Maiani